lunedì 12 settembre 2016

Postille a Il nome della rosa di Umberto Eco

Nel 1983 Umberto Eco ha pubblicato, attraverso la rivista Alfabeta, le Postille al Nome della rosa, un saggio con il quale l'autore spiega il percorso letterario che lo ha portato alla stesura del romanzo, fornendo chiarimenti su alcuni aspetti concettuali dell'opera. Le Postille al Nome della rosa sono state poi allegate a tutte le ristampe italiane del romanzo successive al 1983.

Nel paragrafo intitolato "Il Postmoderno, l'ironia, il piacevole", Eco afferma che il "post-moderno è un termine buono à tout faire". Inoltre, secondo l'autore, il postmoderno è sempre più retrodatato: mentre prima questo termine si riferiva solamente al contesto culturale degli ultimi vent'anni, oggi viene impiegato anche per periodi precedenti. Tuttavia per Eco il post-moderno non è "una tendenza circoscrivibile cronologicamente, ma una categoria spirituale, un Kunstwollen, un modo di operare". "Potremmo dire che ogni epoca ha il proprio post-moderno, così come ogni epoca avrebbe il proprio manierismo". In ogni epoca si giunge a momenti in cui ci si accorge che "il passato ci condiziona, ci sta addosso, ci ricatta". All'inizio del Novecento, per questi motivi, l'avanguardia storica cerca di opporsi al condizionamento del passato, distruggendolo e sfigurandolo. Ma l'avanguardia non si ferma qui, procede fino all'annullamento dell'opera stessa (il silenzio nella musica, la cornice vuota in pittura, le pagine bianche in letteratura etc). Dopo ciò "l'avanguardia (il moderno) non può più andare oltre". Dunque siamo costretti a riconoscere il passato e a prenderlo con ironia, ma senza ingenuità. "La risposta post-moderna al moderno consiste nel riconoscere che il passato, visto che non può essere distrutto, perché la sua distruzione porta al silenzio, deve essere rivisitato: con ironia, in modo non innocente

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